LE SFIDE SI AFFRONTANO ANCHE CON LA “TESTA”

Dall'antichità a oggi, l'esistenza umana è caratterizzata dall'appartenenza a diversi gruppi, che permettono di crescere, sentirsi protetti, migliorare e imparare.

Questi gruppi si presentano in forme diverse: dalla cerchia familiare alle comunità religiose e ai club sportivi. In ognuno di essi possiamo trovare persone che condividono interessi e passioni comuni, ma che hanno anche qualcosa di unico che li distingue dagli altri gruppi: un obbiettivo da raggiungere.

Partecipare a un trekking alpinistico è un'esperienza che metterà alla prova tutti i membri del team #OjosDelSalado2023, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente.

Le sfide che ci attendono sono notevoli: alta quota, temperature rigide, terreno difficile e condizioni di vento imprevedibili. Ci sono anche sfide personali: le estreme esigenze fisiche del corpo e della mente, il dover gestire le proprie scorte di cibo e il proprio equipaggiamento durante la scalata, il lavorare in squadra e il vivere a stretto contatto con altri alpinisti per lunghi periodi di tempo. Può essere difficile trovare la motivazione quando ci sono così tanti fattori esterni che lavorano contro di voi!

Per questo motivo il nostro stato mentale durante quelle due settimane di trekking influenzerà in modo estremamente significativo il successo o il fallimento della missione alpinistica stessa.

 
 

In psicologia, il termine "gruppo" si riferisce a un insieme di due o più persone che interagiscono tra loro e condividono uno scopo o un obiettivo comune. Un gruppo può essere piccolo o grande e può comprendere membri della famiglia, amici, colleghi di lavoro, compagni di classe e altri. I gruppi si formano naturalmente quando le persone si riuniscono per uno scopo specifico.

Le interazioni dei loro membri possono essere piuttosto complesse: ogni individuo del gruppo ha i propri obiettivi e le proprie motivazioni, che possono essere o meno in linea con quelle degli altri membri, e anche il gruppo stesso ha i propri obiettivi e le proprie motivazioni. Queste interazioni dunque devono essere portate avanti in modo particolare se il gruppo vuole sopravvivere e prosperare. La struttura del gruppo stesso infatti dipende dal modo in cui i suoi membri comprendono i loro ruoli, i loro confini e il modo in cui lavorano insieme.

La convivenza prolungata con gli altri può essere stimolante e gratificante, ma anche soffocante; il gruppo protegge dalla solitudine e dalla paura, ma allo stesso tempo potrebbe costringere la persona a situazioni di conflitto. E’ fondamentale dunque che ogni gruppo abbia almeno un leader, che aiuti a guidare il processo decisionale e a risolvere eventuali conflitti che possono insorgere.

Il conflitto viene definito come lo stato di tensione che una persona ha nel momento in cui riscontra bisogni, desideri, impulsi e motivazioni contrastanti. E’ una situazione che si viene a creare in cui le persone percepiscono incompatibilità di pensiero o comportamento con altre persone, nell’attuazione e o condivisione di progetti, piani di lavoro, obiettivi.

Il conflitto può essere costruttivo = gli individui appartenenti ad un gruppo sono consapevoli del fatto che il disaccordo è un aspetto naturale nelle dinamiche del gruppo, e può essere d’aiuto al raggiungimento di obbiettivi comuni.

Confitto distruttivo = situazioni contraddistinte da un tipo di comunicazione competitiva, dove obiettivo primario è quello di affermare il punto di vista del singolo a discapito di quello del gruppo. Ne deriva un clima di tensione ed allerta che, se protratto nel tempo, porta ad un deterioramento delle relazioni interpersonali tra le persone. La situazione può essere dannosa per il raggiungimento degli obiettivi.


Una leadership efficace facilita dinamiche di comunicazione che stimolano costruttività e caratterizzano alla cooperazione: lo scambio di idee è uno strumento per raggiungere risultati migliori comuni.


Nel gruppo sono sempre presenti un leader e un antileader (manifesto o latente)

Un buon leader deve:

  • Conoscere le aspettative

  • Comprendere l'antileader nascosto

  • Non illudere troppo il gruppo.


Per mantenere la coesione del gruppo, esso deve darsi una struttura che gli permetta di superare le difficoltà derivanti dalla situazione ambientale nella quale deve operare. Ed ecco che a questo punto la comunicazione diventa cruciale. Ci si renderà presto conto che quando la natura di un compito è tale che per assolverlo occorre un’organizzazione del lavoro, nasce subito la necessità di organizzare anche il flusso dell’informazione (sia in senso discendente leader-membri, sia in senso ascendente membri-leader).

Nel percorso che ci sta portando piano piano verso il fatidico giorno della partenza, abbiamo incontrato alpinisti reduci da spedizioni grandiose che ci hanno raccontato la loro storia e le loro esperienze, e oltre alle ovvie difficoltà fisiche, tutti, ma proprio tutti, hanno sottolineato quanto pericoloso può diventare un conflitto (distruttivo) in un gruppo numeroso come il nostro.

Alcuni di noi si conoscono da sempre, altri un po’ meno ma negli ultimi due mesi i nostri “leader” hanno organizzato gite, cene, incontri e tante altre attività per fare gruppo, confrontarci, far emergere eventuali disaccordi e cercare di risolverli. Ciò ci ha reso più uniti e consapevoli delle esigenze altrui, fondamentale per “capirci” e capire il nostro stato d’animo quando ci troveremo ad affrontare un ambiente remoto come può essere quello di un deserto… Il deserto di Atacama.

 
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